
Giusto Utens fu uno fra i tanti pittori fiamminghi che, nella seconda metà del Cinquecento, scese in Italia per affinare la propria arte a quella scuola così ambita. Della sua opera sono rimasti pochi esiti non rimarchevoli tranne una felice sequenza di lunette, vorremmo dire proto vedutiste, ciascuna delle quali ritrae, in un idealizzato realismo e in un’aerea prospettiva ‘a volo d’uccello’, vedute dall’alto delle singole ville che rappresentavano un documento dipinto della ricchezza e del potere raggiunto da una famiglia di banchieri mugellani, destinata a reggere le sorti della Toscana per oltre due secoli. Sì, proprio quella dei Medici. Quattordici tele che celebrano la fortificata bellezza di ogni singola dimora, consegnandoci, nello stesso tempo, un documento preziosissimo di carattere non solo artistico e che oggi sono raccolte ed esposte nelle sale della Villa medicea de La Petraia, sita nell’immediato contorno fiorentino.
La Villa del Trebbio, che sorge in Mugello, fra Scarperia e San Piero, è una fra le quattordici e per certi versi la più storicamente significativa se risulta essere il primo edificio fatto costruire dai Medici proprio all’inizio della loro fortuna finanziaria. Subito dopo sarà costruita la Villa di Cafaggiolo e poi la notissima Villa Medicea di Careggi, dove il Magnifico era solito ritirarsi con uno scelto gruppo di amici, tutti filosofi, letterati e poeti, a discettare di argomenti neoplatonici senza trascurare il piacere di arrosti e vini generosi.

Ma torniamo al Trebbio, complesso risalente ai primi decenni del Quattrocento (1427-1433) e al suo committente, quel Giovanni di Bicci de’ Medici, capostipite della famiglia, padre del ben più noto Cosimo il Vecchio e bisnonno del Magnifico Lorenzo, appunto. È un tempo di trapasso, quello, chiusa l’età medievale nuovi fermenti culturali e sociali spingono verso una diversa visione dell’uomo e del suo significato nella vita. L’Umanesimo è alle porte, il Rinascimento sta per manifestarsi in tutta la sua portata di novità formale e concettuale. Ma, quella è ancora un’età di trasformazione e Il Trebbio, pur identificandosi quale villa da Signore, pare non aver dimenticato i riferimenti costruttivi dell’appena concluso Medioevo.
E infatti il risultato è ancora intermedio, non chiaramente risolto verso un’architettura nuova, visto che l’impianto resta sostanzialmente quello di un castello fortificato, piuttosto che di una villa quattrocentesca, come invece succederà, qualche decennio dopo, alle ville di Cafaggiolo e Careggi, autentici prototipi di un nuovo gusto architettonico toscano e più ancora fiorentino, destinato a diventare un modello di riferimento per tutto il Quattrocento e per i primi decenni del Cinquecento.
Alcuni decenni più tardi Michelozzo, l’iniziatore dell’architettura fiorentina civile, sarà chiamato ad intervenire per ingentilire e ammodernare questa villa, ormai troppo antiquata nell’impianto. Il grande architetto, oltre a interventi di ripristino e consolidamento interverrà realizzando un giardino murato, che, concettualmente, richiamava le antiche ville romane. Giardino concepito a due terrazze a destra della villa e con raffinato pergonalto a doppia fila di colonne con capitelli ionici e a foglie d’acqua. Ciò succedeva attorno alla metà del Quattrocento, ai tempi di Cosimo il Vecchio.
Circa un secolo più tardi, il Granduca Cosimo I e dopo di lui suo figlio Ferdinando, utilizzeranno la villa come Casino da caccia. Nel tempo lo storico complesso passerà ai Serragli e poi ai padri Filippini. Oggi è una proprietà privata visitabile su appuntamento.
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