“Questo edificio con vago giardino è bellissimo nel sembiante di fuori”

Due grandi firme dell’architettura fiorentina del Primo Rinascimento, quasi in un’esemplare soluzione di continuità stilistica, portarono Palazzo Antinori all’odierna evidenza, consegnandolo all’ammirazione dei posteri. Il primo probabilmente fu il fiesolano Giuliano da Maiano, scultore, architetto e ingegnere militare. Il suo nome tuttavia è solo un’attribuzione ma del tutto convincente vista l’affinità stilistica col senese Palazzo Spannocchi, di sicura mano di Giuliano; il secondo, che intervenne dopo l’acquisto dell’edificio, al tempo di dimensioni più ridotte, fu il grande Baccio d’Agnolo, che lo ampliò organizzando la facciata posteriore, l’elegante cortile porticato su tre lati, con volte a crociera e arcate a tutto sesto, il loggiato al secondo piano e il giardino. Non si escludono poi altri interventi, che rifinirono certi dettagli che paiono parlare un linguaggio leggermente posteriore. Nella sostanza Palazzo Antinori, giustamente considerato fra le emergenze rinascimentali più significative di Firenze e del comprensorio, con quella sua forza solida e geometrica del bugnato che riveste la facciata espressa in un’elegante tessitura a doppio ordine di finestre monofore, quella forma compatta eppure svelta che parla un linguaggio chiaramente riferito al prototipo michelozziano di Palazzo Medici Riccardi, ma rimandando un più semplice impatto che ne identifica l’originaria natura, quella di una tipica abitazione quattrocentesca poi cresciuta in nobiltà di forme.

Ma andiamo per ordine. Giuliano potrebbe essere intervenuto in un primo momento quando, nella seconda metà del Quattrocento, Giovanni di Bono acquistò alcune case appartenute ai Bordoni per compattarle in un unico Palazzo da Signore, costruito fra il 1461 e il 1469. Ed è a questo punto che si verifica una situazione non semplice da ricostruire nei dettagli che vede i Boni solo qualche anno più tardi, per sopravvenuti dissesti finanziari, mettere in vendita la proprietà, per un momento (luglio 1475) acquistata da Lorenzo il Magnifico che solo un mese dopo (forse per qualche suo non trasparente motivo) la rivenderà all’amico Carlo d’Ugolino Martelli. Un breve salto in avanti nel tempo e nel 1506 il Palazzo passa ancora di mano. Questa volta ad acquistarlo è quel Niccolò Antinori, abitante in Oltrarno, al momento avveduto riferimento di una famiglia che già dalla fine del Trecento si stava facendo notare in città ma che dal Cinquecento crescerà esponenzialmente per importanza e blasone. Nobile famiglia mercantile di ‘vinattieri’.
E unitamente al crescita in importanza della famiglia crebbe anche l’ammirazione per il Palazzo se il cronista e storico d’arte Francesco Bocchi, stimatissimo al tempo, nel 1591 ebbe a scrivere nella sua opera Le bellezze della città di fiorenza: “è isolato questo edificio, e congiunto con vago giardino è bellissimo nel sembiante di fuori: e dentro si veggono ordinate stanze con gran giudizio dell’architetto: il quale (peroché per ogni verso ha comodissimo lume) mostra di aver proporzione graziosa in ogni parte“.
E dal quel 1506 il palazzo resterà legato al nome dei proprietari come un riferimento identitario e imprescindibile. Come a dire che, forse caso unico a Firenze, gli Antinori e il loro palazzo saranno e ancora oggi sono percepiti come un’unica anima storicamente e culturalmente legata al genius loci della città.
Rispondi