Un piccolo capolavoro della ‘Maniera fiorentina’

Oltre i luoghi e i percorsi consueti che ci indirizzano ai capolavori pittorici dei suoi grandi musei, alle eleganti facciate e ai cortili dei suoi grandiosi palazzi, ai clamorosi e fondamentali cicli d’affreschi delle sue grandi basiliche, ai suoi monumentali giardini e ancora alle piazze ariose, ai poetici “canti”, agli angusti crocicchi e alle case torri della sua eredità medievale, Firenze conserva una ricchezza ancora segreta, meno eclatante ma non minore, fatta di siti nascosti e bellissimi, riservati a chi, di una città come questa, cerchi il dato ulteriore, quello che meglio completi la percezione della sua anima, del suo retaggio, del suo genius loci. Ed eccoci, dunque, a svelarne uno, di questi scrigni sconosciuti ai più, ma storicamente e artisticamente rilevanti, come piccole pietre preziose incastonate, per meglio rifinirla ed esaltarla, in quella regale corona in cui brillano i suoi grandi e più vistosi gioielli.

A un passo da piazza Santissima Annunziata, nell’omonima basilica e precisamente nel noto Chiostrino dei Voti, che fa da prologo all’ingresso reale della chiesa, agli inizi del Cinquecento Andrea del Sarto, il pittore senza errori e alcuni fra i suoi più promettenti allievi, gettano le basi di una pittura che tendeva ad allontanarsi dalla simmetria rinascimentale, che componeva figure svelte di disegno e dai colori anti-realistici. E’ con questo primo, importante esito, che si apre la stagione, in principio contestata ma poi da molti sposata come “pittura nova” della Maniera. Delle molte lunette del chiostro Andrea ne dipinge ben cinque, le altre sono assegnate al Franciabigio, al Pontormo, al Rosso Fiorentino, i suoi allievi più dotati.

Dopo il suo rientro dalla Francia Andrea si costruisce una bella casa, a pochi metri dalla piazza (oggi in via Gino Capponi 22) proprio in una zona abitata in quel periodo da molti artisti. Una sorta di Montmartre ante litteram. Adesso anche l’iniziatore della Maniera toscana, quell’Andrea, figlio di un Sarto, portatore di un talento nel disegno pari a pochi altri, aveva la sua casa nella zona, che così, nei primi decenni del ’500 divenne il luogo prediletto per tutti i seguaci di quel nuovo dipingere che si protrasse fino agli ultimi decenni del secolo, quando le nuove istanze di un realismo aspro e drammatico, innescate fra Milano e Roma da un giovane  genio ribelle, parliamo del Caravaggio, naturalmente, apriranno le porte al Seicento e alla stagione ombrosa e magnifica della pittura barocca. La casa di Andrea, che sorge proprio all’angolo con via Giusti, è internamente collegata a un altro edificio di spiccata, perfino capricciosa visione.

Parliamo di un piccolo unicum manierista, di Palazzo Zuccari (via Giuseppe Giusti, 43). Quando l’artista marchigiano Federico Zuccari, nel 1577 è chiamato a integrare e completare il ciclo di affreschi di Santa Maria del Fiore, è al massimo della sua parabola artistica. La sua obbligata permanenza a Firenze lo spinge a cercare una casa da acquistare che possa diventare anche il suo studio/atelier. La grande devozione alla memoria di Andrea del Sarto,  lo convince all’acquisto di quella bella casa che fu di quel suo maestro ideale, morto dieci anni prima della sua nascita ma riferimento imprescindibile per tutti i manieristi dell’ultimo periodo di questa corrente espressiva. E così, l’anno seguente, ne diventa proprietario  e insieme acquista un edificio attiguo per farne la sua abitazione-bottega. Ben presto, tuttavia, lo Zuccari  dovrà abbandonare Firenze per importanti impegni di lavoro da assolvere a Roma e il complesso, mantenendo fede alla sua identità, passerà ad altri artisti, fra cui il Baldinucci, il Vignali, il Volterrano e Carlo Dolci. Nel Novecento sarà, per un breve periodo, anche l’abitazione del grande scrittore Tommaso Landolfi.

La facciata è un misto di laterizi e bugnato in pietra forte. Zuccari adotta un soluzione scenografica e d’effetto quasi illusionistico utilizzando blocchi di grandezza e forma variabili, dando al prospetto un effetto di ‘non finito’ e comunque di grande respiro luministico, nonostante le ridotte dimensione dello stesso. La sala al pianterreno sarà interamente affrescata con una pittura di bella e scenografica maniera. Un piccolo ciclo d’affreschi, tanto abili nella sintesi del racconto quanto efficaci nella narrazione del tema: Il Tempo e i cicli della Natura.

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