Il sogno verde di Lunigiana

Il territorio lunigianese è celebre per la teoria dei suoi cento castelli, memoria ancora molto tangibile di una grande famiglia feudale che proprio in questo territorio espanse il suo potere e le sue ambizioni, quella dei Malaspina. E dunque, nel percepito, la bella e severa Lunigiana è oggi identificata come terra dal forte retaggio medievale, l’età, appunto, in cui, i Malaspina imposero la loro assoluta supremazia.
Ma in questa sede non andremo in visita a uno dei possenti castelli malaspiniani bensì a un ambizioso ed equilibrato esito architettonico eretto nella prima metà del Settecento, nella campagna prossima a Pontremoli e realizzato da due pittori, scenografici e architetti di ottima fama: il pontremolese Giovanni Battista Natali, che lavorò a lungo alla corte del Ducato di Parma di Elisabetta Farnese e di Antonio Contestabili, valente artista e allievo del primo. I due avevano da poco terminato i lavori di ripristino e ampliamento del palazzo, sito a Pontremoli, dei fratelli Paolo, Francesco e Giuseppe Pavesi, rampolli di un’importante famiglia locale, quando furono chiamati a progettare e costruire un edificio con ampio giardino, sulle pendici del monte Codolo, in un pianoro in felice e amena posizione. E così fra il 1711 e il 1740 fu completata villa Pavesi, poi Pavesi Negri, secondo un sobrio disegno ancora riferito alla costruttiva seicentesca toscana, disposto su due livelli, con porticati sovrapposti che portano ai piani superiori, dove si trovano i saloni da ballo e le camere padronali. Un edificio di riuscito equilibrio che entra in snella continuità con l’elemento di maggior fascino del complesso, un grande giardino che pare quasi citare l’intera gamma degli stilemi del modello di riferimento del tempo, il giardino francese, che, almeno nell’idea che lo sostiene, deriva dal pensiero estetico illuminista, che vuole gli spazi verdi ripensati “secondo natura” ma con l’ambizione di inseguire un concetto di “bello assoluto”. Per questo i giardini del periodo sono portatori di un’espressione estetica che non si riferisce direttamente alla natura comunemente intesa, bensì a un ideale di natura che tocca il piano della riflessione filosofica, della meditazione sul bello, quasi se simili giardini fossero stati pensati come luoghi che potessero risvegliare nell’uomo un’originaria armonia che il quotidiano gli negava.
E il giardino della villa segue con grande attenzione quel sentire architettonico dando vita a uno spettacolo estetico e simbolico di sofisticatissima espressione a cominciare dal livello inferiore dell’area verde dov’è un bel ninfeo da cui parte una doppia scala che porta al giardino propriamente inteso, progettato a pianta quadrangolare, incorniciato da mura e abbellito da balaustre. Nel giardino scorrono alte siepi di bosso, spuntano belle fontane, appaiono statue di qualitativa fattura e grandi limoni, pianta simbolo del giardino delle Esperidi, le mitologiche figure che custodivano i pomi d’oro (limoni) sacri ai giardini di Era (Guinone).
Un clima d’idilliaca naturalezza che gli attuali proprietari mantengono, con grande merito, in perfetto stato di conservazione.

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