Palazzo Tommasi o dell’ideale dell’Arte

Via della Pergola. A pochi passi dal nobile e prezioso teatro omonimo. In questa Firenze centralissima ma immune dal nevrotico rumore di fondo d’un turismo massificato e ormai fuori controllo, si percepiscono gli ultimi umori d’un clima che allaccia il passato al presente e che ancora esiste, seppur soffocato in maglie sempre più strette e che ci ‘racconta’ la  tranquilla vita di un antico rione condotta da gente che s’identifica con la propria memoria, portandone orgogliosamente avanti i valori.

Al numero civico 57 c’è un edificio, palazzo Leopardi, oggi Tommasi, venuto su alla fine del XV secolo e che nel tempo è andato un po’ mutando, ma senza perdere le sue sobrie linee fiorentine. Proprio fra queste mura Benvenuto Cellini, come racconta lui stesso nella sua nota autobiografia e ribadisce il Vasari nelle sue ‘Vite’, si chiuse con i suoi collaboratori in uno stato di febbricitante esaltazione a fondere e poi a dare forma a bronzo e stagno per creare il capolavoro che lo renderà immortale, quel Perseo con la testa di Giuditta, che dopo alcuni anni di varie vicissitudine sarà finalmente posto in piazza della Signora, sotto la Loggia dei Lanzi, a pubblica e imperitura ammirazione.

Questa illustre memoria affascinò fino alla suggestione Marcello Tommasi, pittore e scultore di gran tradizione (suo padre Leone fu uno scultore di vaglia e il fratello Riccardo Tommasi Ferroni uno fra gli artisti più in luce della seconda metà del Novecento) visto che alla fine degli anni ’60 l’acquistò e ne fece il suo studio per l’intera vita (Tommasi se ne andò ottantenne nel 2008).

Lo scrittore Manlio Cancogni, suo amico da sempre, lo descrive come un idealista, attraversato da forti pulsioni metafisiche, non propenso al compromesso e alle tentazioni di un facile mercato. La sua fu una vita appartata, di continuo applicazione ed elaborazione. Una scelta assoluta, faticosa ma che lo ripagò di un’ammirazione non urlata ma di sostanza nella memoria visto che sue opere si trovano nel Gabinetto dei disegni e delle stampe agli Uffizi, a Palazzo Pitti, a Parigi, Barcellona, Varsavia, Malaga e che suo è il bellissimo gruppo bronzeo di Apollo e Dafne, posto al centro della fontana di Piazza della Libertà, una fra le opere più felici del suo coerente creativo. Un’opera che nella dolce e virtuosa torsione di Dafne, colta nell’attimo in cui giocosamente fugge dall’abbraccio di Apollo, pare un omaggio, per attinenze di modellato e di concetto, al gruppo marmoreo dello stesso soggetto scolpito dal Bernini, certo suo maestro ideale, che oggi ammiriamo alla Galleria Borghese.

E nel 2014, sei anni dopo la scomparsa del maestro il palazzo, destinato per volere degli dei ad identificarsi con le arti figurative, dopo un lungo e accurato restauro, grazie alla visione e all’abnegazione di Francesca Sacchi Tommasi, figlia dell’artista e gallerista di appassionata dedizione, è di nuovo interamente dedicato all’arte in quanto sede della ETRA – galleria Studio Tommasi, un centro di cultura e di eventi artistici, che oggi organizza mostre di richiamo internazionale e coltiva la memoria di Marcello Tommasi grazie a un prezioso archivio di sue opere divise fra bozzetti, tele, gessi, bronzi.   

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